Lo scompartimento è pieno:
le valigie in basso incastro
come i quadratini a Tetris
e non posso fare a meno
di sentire che il disastro
è vicino, a pochi metri,
e per quanto sia sereno
non si scorge in cielo un astro:
sono troppo sporchi i vetri.
Il riflesso non compare;
cambio lato.
Ho una fitta in mezzo al petto,
un bruciore proprio qui.
Quando il controllore è là
chiedo dandogli il biglietto
se è in orario; dice: “Sì”
ma lo so che non lo sa.
Guardo gli altri e mi incuccetto,
e mi chiedo chissà chi
di quei cinque russerà.
Chiudo gli occhi e penso al mare
sconfinato.
Piazza Principe, Bologna,
Rogoredo, Tiburtina:
faccio il segno della croce
e mi sento una carogna
mentre il treno si trascina
prima lento e poi veloce
e mi dico: “Sogna, sogna
di tornare!”. La mattina
la scoperta è sempre atroce:
è impossibile tornare
nel passato.
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