Il tempo fugge in fretta e furia e va,
senza fermarsi mai, nell’altro mondo,
in un irrevocabile al di là
secondo su secondo su secondo.
È notte e l’orologio segna l’una.
Chissà per quale colpo di fortuna
Marion è stata la mia femme fatale.
Sulla grondaia tubano i piccioni
e il loro amore mi agita e commuove.
Il cielo ha spento le costellazioni,
sono invisibili le supernove,
è inconcepibile l’Iperuranio.
Sul comodino il vaso col geranio
è un pallido avatar del Sacro Graal.
Mi spoglio e passano i minuti e le ore
inesorabilmente e piango un po’
perché i sospiri abbiano più sapore;
e pur sapendo che non dormirò
mi corico e mi giro da una sponda
del letto all’altra: ormai è notte fonda
e la sua immagine mi tiene sveglio.
I battiti del cuore sono un morse
che riesco a decifrare solo un poco.
Le ansie subentrano alla fin’amors
sepolta nei cartoni di un trasloco.
Sono venuto a vivere a Parigi
per stare accanto a lei, ma è tra litigi
che il tempo se ne va e perdiamo il meglio.
In me l’immagine di lei scompare.
Tremo come una foglia al vento e penso
che non ci sia niente che possa fare,
che non ci sia più niente che abbia senso.
Non voglio lei, né un altro amore. Invidio
quei due piccioni; contemplo il suicidio
e immagini lascive su YouPorn.
Ecco ho passato un’altra notte insonne
e mentre le lancette vanno avanti
tra me e me mi dico che le donne
sono tutte ugualmente esasperanti.
“Tieni a mente” mi dico “e poi dimentica”.
Cerco una certificazione autentica
nei versi di Bernart de Ventadorn
ma è tardi, troppo tardi e l’alba sventra
alla finestra le persiane ed entra.
Al mio risveglio è quasi mezzogiorno.
questa mi ha particolarmente commosso!
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