domenica 30 agosto 2015

La fine della fin'amors

Il tempo fugge in fretta e furia e va, 
senza fermarsi mai, nell’altro mondo, 
in un irrevocabile al di là 
secondo su secondo su secondo. 
È notte e l’orologio segna l’una. 
Chissà per quale colpo di fortuna 
Marion è stata la mia femme fatale. 

Sulla grondaia tubano i piccioni 
e il loro amore mi agita e commuove. 
Il cielo ha spento le costellazioni, 
sono invisibili le supernove, 
è inconcepibile l’Iperuranio. 
Sul comodino il vaso col geranio 
è un pallido avatar del Sacro Graal. 

Mi spoglio e passano i minuti e le ore 
inesorabilmente e piango un po’ 
perché i sospiri abbiano più sapore; 
e pur sapendo che non dormirò 
mi corico e mi giro da una sponda 
del letto all’altra: ormai è notte fonda 
e la sua immagine mi tiene sveglio. 

I battiti del cuore sono un morse 
che riesco a decifrare solo un poco. 
Le ansie subentrano alla fin’amors 
sepolta nei cartoni di un trasloco. 
Sono venuto a vivere a Parigi 
per stare accanto a lei, ma è tra litigi 
che il tempo se ne va e perdiamo il meglio.

In me l’immagine di lei scompare. 
Tremo come una foglia al vento e penso 
che non ci sia niente che possa fare, 
che non ci sia più niente che abbia senso. 
Non voglio lei, né un altro amore. Invidio 
quei due piccioni; contemplo il suicidio 
e immagini lascive su YouPorn. 

Ecco ho passato un’altra notte insonne 
e mentre le lancette vanno avanti 
tra me e me mi dico che le donne 
sono tutte ugualmente esasperanti. 
“Tieni a mente” mi dico “e poi dimentica”. 
Cerco una certificazione autentica 
nei versi di Bernart de Ventadorn 

ma è tardi, troppo tardi e l’alba sventra 
alla finestra le persiane ed entra. 
Al mio risveglio è quasi mezzogiorno. 

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