domenica 30 agosto 2015

San Salvario, salvami tu

Sotto ai portici a via Nizza 
me ne vado tutto intriso 
di tristezza, rabbia e stizza, 
ma una donna all’improvviso 
mi trascina via con sé 
nel soppalco di un garage. Io 
manifesto il mio disagio 
e lei dice: “Vattene”. 
Esco, allora, e mi rifugio 
in via Goito e gioco a scacchi; 
mentre penso l’orologio 
fa tic tac tic tac tic tac. Chi 
non l’ha mai sentito ignora 
quanto sia stressante, quanti 
ticchettii contenga un’ora, 
quanto quel rumore schianti. 
L’orologio è in orario 
mentre io non lo sono più; 
ma non posso andare a casa. 
San Salvario, salvami tu. 

Fuori mi offrono una droga 
di non grande qualità. 
Davanti alla sinagoga 
una tipa chiacchiera 
disinvolta con l’alpino. 
Tiro dritto per di là 
mentre scivola a un bambino 
dalla testa la kippah. 
Il caffè diventa grappa. 
Io prendo una birra al Crai 
e un passante me la stappa 
con i denti: ahi, ahi, ahi. 
Un amico sulla spalla 
mette il braccio e mi spavento. 
“Sta’ tranquillo” dice “scialla” 
dopo un po’, però, mi sento 
come un pesce in un acquario 
e sprofondo, vado giù 
dove l’anima non pesa. 
San Salvario, salvami tu. 

Infilandomi le dita 
quasi in gola prendo il litio 
e desidero la vita 
mentre medito il suicidio. 
Un’idea subliminale 
scuote e mozza il mio respiro 
come un’asma. Tanto vale 
stare ancora un poco in giro. 
Con lo spirito di Ulisse 
che passò Siviglia e Ceuta 
sbarro le pupille fisse 
sul mio psicoterapeuta 
che mi ascolta e resta muto. 
Non può rendermi felice 
ma vuole essermi di aiuto. 
Congedandomi mi dice 
di onorare il suo onorario. 
Un paziente fa: “Cucù!” 
quando allegro mi sorpassa. 
San Salvario, salvami tu. 

Mi dilungo e mi dilato 
e sui volti altrui mi appare 
un fantasma del passato. 
Forse è il caso di trovare 
un lavoro a Bikomimbo. 
Ma la bionda e inglese Lotte
ancheggiando balla il limbo 
col mio braccio. Un’altra notte 
tra figure assurde, astratte. 
Chiudo gli occhi e non ci sono. 
Ma un portone si apre e sbatte 
con il solito frastuono. 
L’Ale Sender manda smile 
dentro cui mi relego, 
mentre Alice e i suoi long island 
fanno un arcipelago. 
Il mio amico immaginario 
dice: “Su, coraggio, su!” 
ma la gravità mi abbassa. 
San Salvario, salvami tu. 

Mentre il tempo scorre e scade 
penso agli attimi trascorsi 
nel reticolo di strade 
che si snodano tra i corsi 
su Vittorio e giù Bramante, 
dalla ferrovia al Po. 
Lì mi sono perso tante 
volte e mi ritroverò 
tra un “Beviamo?” ed un “Cin cin”. 
Una volta, ero da solo, 
mi sembrò di scorgere in 
un normale tovagliolo 
una copia del sudario 
con la faccia di Gesù 
malinconica e depressa. 
San Salvario, salvami tu. 

E se proprio non si può, 
se la grazia è già finita, 
dammi almeno un po’ di vita, 
quanto al resto si vedrà. 

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