Ho deciso e sono serio,
dopo lunga riflessione,
che il mio solo desiderio
è di andare alla stazione
e pigliare al volo un treno,
ma davanti, e suicidarmi,
non piacendomi il veleno,
non avendo il porto d’armi.
Guardo i piedi della gente
che incontro in corso Cavour
canticchiando nella mente
“Gaudeamus igitur…”.
Quando vedo la Minerva
con le braccia spalancate,
mi domando a cosa serva
se post universitatem
quella dea nessuno abbracci
preservandolo dal tedio.
Poi la guardo dritto in faccia
e le mostro il dito medio.
Non oblitero il biglietto
né verifico l’orario,
mi allontano un po’ e mi metto
di traverso su un binario
ed aspetto un paio di ore
in cui mi preparo la
scusa per il controllore
che vedrò nell’al di là.
Si avvicina un ubriacone
e interrompe i miei pensieri,
prende il vino nel cartone
ed un paio di bicchieri;
poi ne versa solo un po’,
finché sono mezzo pieni,
e dice: “Oggi non si può:
c’è lo sciopero dei treni”.
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