domenica 30 agosto 2015

Metropolitana

Così discesi con le scale mobili 
insieme agli altri, giù nel sottosuolo, 
uomini ed ombre certe con i lobi 
sintonizzati su pensieri omologhi 
e intermittenti e i lombi fiacchi e spenti. 
In loro compagnia discesi, solo, 
un po’ precipitando e un po’ in ralenti 
come fa il tempo. Accanto a me, sul muro, 
vidi i segnali per i non vedenti 
e qualche crittografico scongiuro, 
motti politici e graffianti insulti 
e altri graffiti di colore oscuro. 
E come al vento accade che sussultino 
i petali umidi di un nero ramo 
e siano nel buio quasi occulti 
agli occhi, così noi ci muovevamo 
in gran tumulto, teste affrante e piene 
di sonno; intorno a noi il lucore gramo 
di un balbettante neon e nuove tenebre. 
Osservavo i binari e lentamente 
il sangue deragliava nelle vene. 
Poi rintronò e il treno con decrescente 
furia uscì dal tunnel, frenando, e si 
fermò. Si strinse e raddensò la gente. 
Con un argenteo sibilo si aprì 
la porta e nel vagone della metro 
entrammo, silenziosamente; lì 
lessi il divieto di voltarsi indietro.

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