Quando torno da una festa
e mi gira un po’ la testa
mi sembra di sentire il movimento
della Terra che sull’asse
rotea su se stessa.
Davanti alle vetrine mi spavento
vedendo la mia immagine riflessa
guardarmi storto e con un brutto grugno.
Mi arrabbio e sbraito e sbaglio strada e arranco
e tutto questo mentre ancora impugno
una bottiglia di Martini Bianco
davanti a me, come se fosse un gladio.
Cerco di dire ad alta voce: “Porco…”
ma il seguito è inghiottito da un singhiozzo
e per poco non mi strozzo.
Poi prendo fiato e scopro
che i miei neuroni ascoltano una radio
che fa: “La làlla làlla la la là”.
E così quel ritornello
mi distrugge nel cervello
qualsiasi proposito di sobrietà.
Torno in me, ma di riflesso
penso al male che ho commesso:
il cuore è cupo e la coscienza torbida.
Così, turbandomi, ti penso, e spesso
mi appari con un’aria di rimprovero,
ma qualche volta sfoderi sorrisi
che non ti conoscevo. Sono povero
e solo in parte è colpa della crisi.
Per poco non fracasso la bottiglia
contro una macchina. Trattengo un rutto
appoggiando sulla bocca
la mano, e mi sciocca
la vanità di tutto.
Mi esce allora un sospiro che somiglia
a una risata macabra: “Ah ah ah”.
Quando arrivo al mio portone
ho la strana sensazione
di essermi perso.
Mi tasto in ogni tasca ma non trovo
le chiavi, bevo un sorso ma mi verso
l’alcol addosso, mi agito e mi muovo
come un pupazzo
di plastilina
in una scena di stop-motion.
Vedo il palazzo
che va in rovina,
è proprio come me; mi angoscio.
Trovo le chiavi e barcollando
salgo le scale ed entro e sbando
e vado in bagno e mi inginocchio
al cesso e piango e chiudo un occhio
e vomitando penso a quando
non mi venivano i conati,
quando vedevo con stupore
le luci del crepuscolo,
quando pensavo che il mio cuore
non fosse solo un muscolo,
ma quei momenti sono ormai passati
tanto Martini e tanto tempo fa.
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