domenica 30 agosto 2015

Un incubo di quasi primavera

Una leggenda metropolitana 
dice che andando assieme a una puttana 
ti ritrovi al risveglio senza un rene. 
Lei mi ha portato in un albergo ad ore 
e siamo stati anche piuttosto bene 
ma al mio risveglio non avevo il cuore. 

Non so che fare e me ne resto a letto, 
prendo uno stetoscopio dal cassetto 
(l’oroscopo mi dice che non m’amerà), 
mi ausculto ma non sento il bum bum bum. 
Perciò telefono al servizio in camera: 
per rianimarmi ordino del rum. 

Ma bussano alla porta e dico: “Avanti” 
ed entra una ragazza, con i guanti 
di gomma e in mano una ventiquattrore. 
Indossa un camice e una giarrettiera. 
Mi dice: “Lei ha un brutto raffreddore. 
Se vuole posso farle da infermiera”. 

E poi, sorniona: “Vuole che la intubi?”. 
Mi rendo conto che somiglia a Ruby 
e penso ai Rolling Stones e al verso che 
fa “She would never say where she came from…”. 
In tele mandano un filmato osé 
prima del rogo dei bambini rom. 

Prende dei lacci e mi lega alle sponde 
del letto. “È tutto ok, è solo bondage!” 
aggiunge allora ma non mi ha convinto. 
In mio soccorso per fortuna sale 
un deputato con un naso finto 
che è tenuto al guinzaglio da un maiale. 

Esco da quella camera di corsa, 
qualcuno grida: “Il crollo della Borsa!” 
e la notizia semina scompiglio. 
Ci sono i numeri ma non c’è il quorum 
e il nostro Presidente del Consiglio 
accetta solo i giudici di Forum. 

Per strada incrocio un gruppo di neonazi 
che sono alla ricerca degli spazi 
vitali: “Questo territorio è nostro!” 
mi dicono con sputi e peti e rutti. 
Ed io, che stupido, mi sento un mostro 
perché vorrei che appartenesse a tutti, 

a tutti quelli che ne hanno bisogno. 
Mi guardano i neonazi e mi vergogno 
di non avere le parole esatte. 
Sarebbe splendido volersi bene. 
Ma tutti loro si aprono le patte 
estraendo, per pisciarmi addosso, il pene. 

Salgo su un treno a Porta Nuova e il treno va… 
un paio di ore e mi ritrovo a Genova. 
Due uomini mi prendono per tonto 
e mi intimano: “Arruolati all’istante!”. 
Li lascio e per nascondermi al tramonto 
prendo la direzione di levante. 

Sento mentre cammino per Albaro 
minaccioso o goliardico uno sparo. 
C’è il 3x2 sulle camicie rosse; 
se vai da Zara trovi ancora i saldi. 
Un ragazzino fa un colpo di tosse 
e mi indica Giuseppe Garibaldi.

Ed è un barbone con il fez e il poncho 
che guarda l’orizzonte e tiene il broncio. 
Il mare è limpido di fronte a Quarto. 
Gli dico: “Ormai l’Italia è libera, è una!”. 
Lui mi risponde: “Io comunque parto”. 
Allora buona, gli auguro, fortuna. 

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