Abbiamo ottantadue amici in comune
ma nonostante ciò
se ci sposiamo, ci sposiamo in chiesa.
Le sue domande sono inopportune,
il sì vuol dire no
ed ogni sillaba verrà fraintesa.
Vorremmo stare ancora insieme ma
purtroppo manco di lucidità.
È complicato.
Parliamo a vanvera e mi dice: “Taci!”
ma nel silenzio so
che sulle labbra sbocciano gli insulti
e poco dopo o poco prima i baci.
Non mi divertirò,
non come si divertono gli adulti.
Il corpo è immagine dell’anima
e l’anima a sua volta di chissà:
è complicato.
Voglio morire e voglio fare sesso
e voglio fare l’uno e l’altro assieme.
Prendere le distanze da me stesso
mentre nel coito si disperde il seme.
Eiaculare ed essere estroflesso
in quel momento in cui la carne freme
e l’anima è abbagliata dal riflesso
di, credo, Dio. Quante parole sceme
(morire, sesso, Dio) per dire cose
di cui non è possibile parlare.
Adesso pongono gli status
Facebook problemi analoghi. Rispose
a tutto ciò la settima, mi pare,
proposizione del Tractatus.
Ecco un’altra volta cito
senza motivo Wittgenstein.
Quando qualcuno chiede: “Come stai?”
faccio finta di non aver sentito.
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